L'importante è che la morte ci colga vivi (Marcello Marchesi)

"L'importante è che la morte ci colga vivi" (Marcello Marchesi)

venerdì 24 maggio 2013

IL FRESH, TRAPPOLA DELLA FINANZA MEDIATICA

Se ne erano accorti, a Piacenza, che dai Fresh del Monte dei Paschi stavano arrivando solo perdite fin da un anno fa. Il Corriere della Sera, nello scorso 31 gennaio, aveva raccontato che la Fondazione Cassa Piacenza e Vigevano aveva acquistato quel titolo ibrido che era tassello fondamentale della strategia di Mussari e Vigni per mettere insieme i soldi necessari all’acquisto di Antonveneta. Il Consiglio Generale della Fondazione subito dopo aveva dato alla stampa un comunicato chiarificatore: “La Fondazione di Piacenza e Vigevano non ha mai acquistato “il titolo Fresh” e quindi, non ha effettuato alcun esborso di denaro, a differenza di quanto riporta il Corriere della Sera del 31.01.2013. Nell’aprile 2008, Prometeia, consulente finanziario di numerose Fondazioni bancarie, consigliò alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, l’acquisto futuro (attraverso la stipula di un contratto Swap) del titolo “Fresh”, specificando con parere scritto, che tale investimento aveva un “buon rendimento” e, un basso profilo di rischio, ed era “coerente” con il portafoglio della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Alla luce di tali valutazioni fu sottoscritto il relativo contratto di Swap con J.P. Morgan, in forza delle condizioni che erano state prospettate. Peraltro, nello scorso anno e, quindi ben prima dei fatti giudiziari riportati dalla stampa in queste settimane, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, resasi conto che le caratteristiche dello strumento finanziario e, del titolo “Fresh” ad esso collegato, erano differenti da quanto prospettato, comportando rischi superiori a quanto era stato indicato, avviò un’azione giudiziaria civile contro J.P. Morgan e Prometeia, contestando l’operazione stessa. Si ribadisce infine, che tale operazione è stata “sempre ampliamente illustrata in tutti i bilanci d’esercizio».“
Si deve desumere che Prometeia e JP Morgan abbiano avuto buon gioco a piazzare presso fondazioni e investitori privati il 51% del Fresh visto che la Fondazione senese aveva sottoscritto swap (derivati) per il restante 49%. la Fondazione Cariparo (Cassa di risparmio di Padova e Rovigo), uno dei più importanti azionisti di Intesa Sanpaolo (4,2%) ha comprato titoli Fresh per 30 milioni e ora si trova una minusvalenza di 20 nel bilancio approvato ad aprile 2013. “L'investimento - afferma la Cariparo, interpellata dal Corriere della Sera - è stato consigliato alla Fondazione nell'aprile 2008 da Prometeia, a quel tempo consulente della Fondazione sull'asset allocation”. La Fondazione Cassa di Gorizia ha portato in Friuli una tranche da 3 milioni che adesso ne vale uno; il presidente Franco Obizzi la prende con filosofia: “Era un investimento interessante”. Fondazione Cassa di Livorno (7,6 milioni di obbligazioni convertibili), Pistoia (10 milioni) ma anche Fondazione del Monte a Bologna (3 milioni in Fresh). Poi Navale Assicurazioni del gruppo Unipol (10 milioni). Piccole tranche in alcuni fondi di investimento dei gruppi Anima, Nextam Partners, Banca Finnat (New Millenium Sicav) e Banca Arner (Areion Fund). Ci sono rimasti un po’ dentro anche i notai con la loro ricchissima cassa e molte coop, secondo quanto si sente dire, e a Firenze mugugnano perfino i lavoratori  sull’operato di Turiddo Campaini, recentemente sanzionato da Banca d’Italia.
Ma tutti questi investitori ci avevano messo poco in questa operazione. E’ il grosso, quella Fondazione MPS che aveva sottoscritto per 490 milioni di euro, che si dovrebbe muovere. Quali carte hanno firmato Mancini e Parlangeli a Prometeia e JP Morgan? Perché non contestano come la Piacenza e Vigevano la inesistente trasparenza dell’operazione Fresh che in facciata era un aumento di capitale riservato alla banca d’affari americana? Una storia poco chiara, tanto che l’iter alla Banca d’Italia fu lunghissimo e l’autorizzazione arrivò solo a settembre 2008, quando il closing dell’acquisto di Antonveneta si era chiuso il 30 maggio precedente. E se palazzo Koch a posteriori non avesse approvato? Sarebbero tornati indietro i soldi partiti con i famosi bonifici a Santander? Si era certi che sarebbe stato tutto approvato, evidentemente. E’ probabile che la politica possa aver consigliato alla burocrazia romana di non andare troppo per il sottile. Mancini avrebbe oggi l’opportunità, invece di svendere le ultime azioni del Monte che gli restano in portafoglio, di richiedere indietro a JP Morgan il maltolto di 490 milioni come sta facendo la fondazione lombardo-emiliana. Facile, troppo facile: la paura forse è che innescare il meccanismo di contestazione di un  affare che col senno di poi assomiglia più a una truffa potrebbe finire per travolgere definitivamente chi quel contratto l’aveva firmato in nome di Siena.

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